lunedì 16 dicembre 2013

Anesteticanima

A volte penso che la chemio sia arrivata così nel profondo da avermi anestetizzato l'anima. 
Probabilmente l'effetto collaterale più importante, quello che non c'è nel bugiardino, che se vi fosse scritto nessuno si curerebbe più. O forse il contrario, il farmaco andrebbe così a ruba, da vendersi nel mercato nero, pure.
Forse.
Chissà quanto tempo dovrà passare perché si risvegli dal sonno.
Basta che non faccia chiasso quando torna in vita, se torna. 
Ho voglia di silenzio e di dilatazione di tempo.

martedì 10 dicembre 2013

Alla fine del 2013

E siamo a dicembre.
Dicembre, per fortuna che si chiude quest'anno così complicato.
Ho finito la chemio, sto finendo la radio, tra Natale e Capodanno i controlli di routine (con le dita incrociate, anzi intrecciate per l'ansia!) e poi a gennaio si riprende il filo della vita. Riannoderò il filo del lavoro, quello degli hobbies e tutto il resto, o quasi.
Questi mesi mi hanno insegnato a considerare il tempo in un'accezione diversa, il valore di ogni giorno, il non rimandare, che tanto poi succede qualcosa che ti inceppa il programma.
Ma questi mesi mi hanno insegnato anche che se non mi voglio bene io, difficilmente mi vorranno bene gli altri o la vita stessa. Quindi, ho imparato ad amarmi. 

Stamani mettevo a posto la stanza di mie figlie e pensavo a quante cose si conservano, pensando che abbiano un significato e poi, improvvisamente, mi sono resa conto che quel significato non hanno più.
Quella porta chiusa alle spalle di chi non è più in questa casa ha chiuso anche la stanza del ricordo e con essa tutti i feticci che rappresentavano tempi passati.

Sono sempre là, quei feticci, ma per poco.
A gennaio finiscono dove devono essere, anzi dove sarebbero dovuti essere se non fossi stata così male e debilitata in questi mesi di chemio e radio.
Però poi ci sono anche le soddisfazioni: ho passato questi ultimi mesi in competizioni che mai mi sarei immaginata un anno fa, non le ho vinte, ma ho vinto quella più importante, quella su me stessa, acquisendo una certa sicurezza. Probabilmente, combattere il cancro fa passare in secondo piano tutte le remore di una vita normale e la trasforma in straordinaria.
E ho imparato anche una cosa, non secondaria: se un parrucchiere mi rovina la capigliatura, posso sempre rasarla che sto benissimo anche così!

domenica 20 ottobre 2013

Mentre aspetto che il the verde si raffreddi.

E' passato più di un mese dall'ultima chemio e sembra un secolo: da poco più di una settimana mi sento discretamente, stanchezza serale a parte, contrattura alla schiena a parte, unghie staccate (3, ma altre sono in rampa di lancio) a parte e dolore al braccio a parte.
Discretamente.
Perché se minimamente aveste idea di come si sta male quando si segue la chemioterapia, sareste d'accordo con me. 
E non ho avuto grossi dolori allo stomaco/intestino, per dire.
Ma ho avuto tutto il resto: se elencassi gli effetti collaterali in colonna, non mi basterebbero due pagine di questo blog, ve li risparmio.
Però una cosa mi sento di dirla e scriverla qua: quest'esperienza mi ha resa più paziente verso gli altri, verso le situazioni che generalmente mettono ansia e preoccupazione, e mi ha permesso di confrontarmi con un mondo che fino a qualche mese fa non conoscevo, se non di "lato"; ma quando sei convolta direttamente, col tuo corpo, con la tua vita, anzi con la Vita, e devi scendere tutti i gradini dell'Inferno per raggiungere il Paradiso, allora impari l'arte di aspettare e quella di osservare il mondo con occhi diversi.
Un mondo fatto di persone con il desiderio di strappare la Vita con le unghie (quando restano, sennò in via metaforica...), con i denti e con tutta quella rabbia che ti sorge improvvisa quando scopri di avere a che fare con quel simbolo, quella K che ti marchia e segna il tuo io, non sarai più la stessa, dopo; un mondo fatto anche di persone che, con il loro camice bianco, elargiscono sorrisi e competenza con pari intensità. Le ore della chemioterapia sono state leggere, grazie a loro e a tutte le persone che nella stanza erano sedute sulle poltrone come la mia, leggere anche quando accadevano fatti incresciosi o preoccupanti.
E ora sono stata nuovamente marchiata, tre punti tatuati, per iniziare un'altra cura, un'altra poltrona nella sala di attesa, un altro mese e mezzo di radiazioni, per bruciare qualunque resto di quella K nel mio corpo.
E altra pazienza e altri camici bianchi.
E altre sfide, anche di natura diversa, anche per dimostrare a tutte le donne che hanno fatto, stanno facendo e faranno il mio viaggio che la vita riserva sorprese, se impariamo ad affrontarle con coraggio e determinazione.

giovedì 5 settembre 2013

Settembre, manca poco.

Sì, manca poco. Manca poco al mio ritorno in pista.

Cavoli vostri. Ed è una promessa.

Alle dure come i muri. Come me.

Oggi mi sono ritrovata a pensare questo.
Il cancro, in realtà, ci rende più liberi, liberi di pensare e dire cose che forse "senza" non avremmo mai pensato o detto.
Ci libera anche dal fardello di altri fardelli. Mi spiego: ci concentriamo sul guarire, ci arrabbiamo di guarire, è la rabbia di vivere che ci muove a fare le cure, a subire gli effetti, a rincorrere la luce in fondo al tunnel. Già quando veniamo operate, al ritorno dalla sala, abbiamo un altro sguardo rispetto a quello con cui entriamo in ospedale. All'inizio siamo spaurite, preoccupate e in apprensione, poi usciamo dalla sala sollevate, e non credo sia solo effetto della morfina o dell'anestesia. Il mostro è fuori da noi.

E, dicevo, ci libera dal fardello di altri fardelli. Quante di noi iniziano il percorso, con l'esame istologico della biopsia, con altri pensieri che ci angosciano? figli, matrimonio, parenti, lavoro, ecc. Poi improvvisamente arriva la bestia che ci divora e quei pensieri vanno in secondo piano.
Poi l'intervento, o gli interventi, poi le cure e intanto quei pensieri sono sempre secondari.
Ma non li mettiamo in un cassetto, no, li affrontiamo, pure quelli, insieme al principale, solo che non diamo loro il peso che avrebbero avuto "senza".
E, paradossalmente, siamo più razionali e lucide nell'affrontarli.
Tutta l'emotività, i pianti e la disperazione li abbiamo già consumati per la "bestia".
Ora, per gli altri pensieri resta solo quella porzione di quel grande coraggio e forza che abbiamo trovato dentro di noi, quella porzione che abbiamo deciso di destinare a loro.
Così ho pensato, oggi, e così sto facendo, in effetti.

giovedì 4 luglio 2013

Due centimetri trattabili

Non mi è mai capitato di prendere appunti per scrivere un post, ma oggi l'ho fatto. 
Non volevo perdere mezza impressione di quanto stavo osservando, era troppo, pure per la mia memoria che funziona comunque bene.
Dunque, oggi è una di quelle giornate che ti svegli bene, poi le cose di tutti i giorni, le piccole incombenze quotidiane che da qualche mese ad ora ti riempono le ore, ti portano a stancarti e anche un po' a rabbuiarti.
Ma tant'è.
Avevi fissato un appuntamento dalla tua parrucchiera per sistemare quello che matrigna chemio sta demolendo e vai, anche se non con moltissima voglia, più che altro per la stanchezza che da giorni ti assorbe.
Arrivi, e dopo di te arrivano due persone, due donne, belle senza dubbio.
Si siedono ed aspettano come te e come le altre l'arrivo della titolare.
Quella che poi sarà l'oggetto delle tue osservazioni e l'oggetto di questo post inizia a scribacchiare su un foglio, ti sembra un'insegnante dal modo in cui scrive. Sì, sicuramente è un'insegnante, penso materie letterarie. Ha la faccia da prof di lettere. 
Si rivolge al personale dichiarando che lei non può aspettare, non può pensare di mangiare alle 2. E tu pensi: "lei". Tu stai lì che manco ti reggi in piedi, quasi, ma non per la fame, ovviamente. Ed è mezzogiorno.
Il personale cerca di rassicurarla, ma TU SAI che quel tipo di persona non si rassicura con niente, e quanto ascolterai ne sarà la prova.
E pensare che quando eri entrata un po' ti vergognavi delle chiazze che hai in testa, anche se non ci puoi proprio fare niente.
Arriva la titolare, informata della persona in questione, e le va incontro per capire cosa abbia intenzione di farsi fare.
E da lì inizia lo spettacolo.
La suddetta vuole farsi il colore, ma anche il taglio e si chiede (e chiede) perchè il colore non funzioni più sui suoi capelli (che a tuo dire non hanno niente di che..); poi vieni a sapere che su quei capelli ci ha fatto la permanente, solo che non si piaceva e quindi subito (se ricordi bene, il giorno dopo) si è fatta fare la contropermanente; la frangia così non va bene, lei la vuole più corta ma anche più lunga sui lati (la faccia della parrucchiera è tutto un programma); dietro li vuole lunghi come la parrucchiera che li ha pari sfilzati, ma lei scalati non li vuole, così li vuole pari, ma pari come la parrucchiera (che li ha sfilzati, quindi scalati); "cosa mi consigli per questa faccia orrenda?" (non è orrenda, affatto, solo magari dovrebbe fare pace con se stessa un attimo).
Tu sei lì, due sedie accanto, con la tua bandana e pensi: "ora mi faccio rapare e vivaddio che non mi vergogno più, diecimila volte meglio calva che così".
Poi prosegue: tagliami i capelli, ma non troppo, un paio di centimetri ("trattabili", pensi tu, che se glieli tagliava di più non è che avrebbe fatto un gran danno), la parrucchiera (pazientissima, non so come riesca, giuro) le consiglia di rimediare ai disastri dei colori, delle permanenti, delle contropermanenti, degli stiraggi e di chissà cosa, e le propone due prodotti. Ovviamente ne prende uno, che sennò sono cari (ma lo sai che le combinazioni shampoo + crema funzionano solo se sono shampoo + crema?), ma non lo porterà in cabina al mare sennò glielo fregano. E tu resti sbigottita.
Poi ritorna sulla frangia, tagliamela, no lasciala così, no sfilamela.
E' passata più di mezz'ora intanto. E tu, che sei stanca, che hai voglia di tornare a casa, ormai vuoi vedere la fine dello spettacolo, che ti fa divertire troppo e ti devi trattenere da rivolgere a chi hai intorno il tuo sguardo tra il divertito e lo sconsolato.
Va finalmente al lavaggio.
Tocca a te, ti fai rapare di nuovo, che questi capelli almeno caschino in modo regolare, santa pupazza.
Vai al lavaggio (del cuoio capelluto, ormai), ti fai applicare una crema idratante (che almeno la boccia sia lucida, no?) e niente, la tua vicina, LEI, continua a sindacare sui prodotti per lavare i capelli.
Non ce la fai.
Ti fai asciugare, non rimetti la bandana e saluti uscendo.
"Hai proprio un bel cranio": ti dicono.
"Dentro e fuori": rispondi.
Ti è venuto il buonumore.


(Santa la mia parrucchiera e tutto lo staff)

giovedì 20 giugno 2013

Allo specchio

Manca poco meno di una settimana, anzi no, una settimana esatta, alla prossima chemio.
La prima è andata discretamente, qualche fastidio "normale", parecchia stanchezza, specie in questi giorni di caldo afoso, che non sai se è il caldo, se è la chemio, se è il ciclo, se è il nervoso di chi ti fa incazzare o tutte queste cose assieme. Forse questo.
Hai iniziato a, paradossalmente, curarti di più, ti cospargi la faccia di crema a schermo totale, le braccia e tutte le parti del corpo che esponi all'aria: quest'estate niente sole, niente mare, niente piscina, sei un pipistrello e ami la notte, anche perché è fresca, almeno finora.
Dosi le forze, perché sei come una batteria con l'effetto memoria. Pensi di essere carica, ma al 30% ti scarichi e ti devi mettere a riposo. 
Il cibo: recuperi un'alimentazione come Dio comanda, che sennò ti si accende la bocca e non mangi più niente. Dico io, ma ti ci voleva un cancro per questo?
E intanto aspetti che ti cadano i capelli, speri di esserne esentata ma sai che sei una come le altre, è questione di giorni, di ore forse. E ti guardi allo specchio e provi a vedere se cadono.
Fino ad oggi no.
Però ti sei premunita, parrucca, bandane di ogni foggia, e magari poi esci di casa calva, tu ti conosci, lo sai che se ti piaci te ne frega della gente.
Pure quel coso che ti hanno messo nel petto non ti dà più fastidio, non si nota, se non per quel piccolo bozzettino, ma alla fine è diventato una cosa tua. Stanotte hai pure dormito a pancia in giù, erano mesi ormai, era la tua posizione preferita.
Il fatto è che lentamente stai cercando di riprendere i pezzettini della tua vita andata in frantumi, in attesa della vita nuova che ti aspetta, dopo.
Avevi una corazza, è stata bucata. 
Bisogna che ti trovi una nuova armatura.

sabato 25 maggio 2013

E' fine maggio e fa freddo come novembre.

Ogni anno sembra diverso. Quest'anno è più freddo degli altri, siamo a fine maggio e sembra novembre. Fa freddo, piove da giorni (da giorni? da settimane! da mesi! non ricordi più quando ha cominciato a piovere, boh), e tu sei intirizzita.
Vabbè, la fase 1 è passata, sei nel limbo per arrivare alla 2, ma intanto il tempo va speso, in qualche modo.
E oggi hai deciso di spenderlo sistemando l'armadio e le cassettiere di tue figlie, hai regalato un sacco (sei!) di vestiti che non stanno loro più.
Fai tutto con fatica; avresti dovuto avere un aiuto, e solo alla fine della giornata lo avrai. Lo avrai nel senso che la persona in questione prepara delle valigie, le sue. Ci mette le sue cose in attesa di nuova destinazione.
Ovviamente tu agevoli il tutto e non ti fa nemmeno un gran effetto, anzi fai in modo che la scarpiera diventi finalmente solo tua.
O sei un'irresponsabile o finalmente ti senti libera. O tutt'e due.
Sì, tutt'e due.
Intanto, stasera, complice la tv che tieni spenta, hai deciso di partecipare a quel concorso che la tua amica ieri ti ha consigliato. Allora ripeschi delle storie che avevi scritto qui, le pubblichi di là e vai.
Però, approfitti per rileggerti, sei andata indietro di due anni: caspita, nel 2012 ho avuto tempo da perdere, che ho scritto più degli altri anni...
E ritrovi una te stessa diversa, certo non avrebbe mai potuto immaginare questa primavera di cambiamento drastico, addirittura fisico, che oggi ti vede coinvolta direttamente.
E come quando eri ragazza, non riesci ad immaginare il tuo futuro.
Però oggi capisci il perché di quella nebbia di allora.

mercoledì 1 maggio 2013

Il post delle settimane dopo

T'hanno operata, due volte. E pure questo step è andato.
Hai conosciuto molta umanità, tra il personale ospedaliero, tra le persone che entrano come te in ospedale, con aria smarrita ed impaurita ed escono dalla sala operatoria, libere, libere dal mostro che le mangiava, pure se menomate nel fisico, ma libere. E la libertà, il sollievo glielo leggi negli occhi e glielo racconti, quando ti stai, vi state preparando per uscire da quella camera, che vi ha ospitate tre giorni, nel tuo secondo intervento in poco più di una settimana e non puoi che ottenere conferme alle tue parole, che descrivono anche la tua sensazione, quella che hai provato la prima volta.
E ho conosciuto disumanità, superficialità, imbarazzo.
Ma per questo ci sarà tempo, dopo. Perché quel tempo lo dovrai trovare, per mettere tutte le caselle a posto, per te e per chi ami.
E ti ritrovi a scherzare e a parlare di politica (e di Renzi! ma dimmi te!) con il tuo chirurgo e il personale di sala quando attendi di poter entrare, scherzi ma forse sono le gocce di calmante che ti hanno dato o forse no. Probabilmente è il tuo spirito cazzaro che non molla e ti accompagna, ti tiene per mano, ti fa coraggio come la tua amica infermiera che è voluta essere con te tutte e due le volte.
Cosa ti aspetta ancora non lo sai di sicuro, anche se timidamente  te lo hanno prospettato e non è un bel vedere, in quel futuro prossimo. Ma solo la settimana prossima lo saprai con certezza.
Intanto, come avevi immaginato, il tuo tempo è sempre meno tuo, e probabilmente lo sarà sempre meno.
Ma questa per te è una malattia come un'altra, con un tempo di cura e guarigione più lungo, forse, più faticoso senz'altro.
Una malattia come un'altra.

giovedì 11 aprile 2013

Lunedì prossimo

Lunedì prossimo mi operano.
Carcinoma, hanno detto. Carcinoma duttale infiltrante, ovviamente al seno.
Su, sei una donna forte, ce la farai.
Su, che di cancro alla mammella non si muore.
Su, qualche mese e poi ritorni ad essere quella di prima.

Lo so.
Solo che stavolta ci sono io. Io il cancro l'ho visto dal di fuori, agli altri, anche a persone vicinissime, ho assistito persone con cancro, familiari. E so che bisogna essere forti, che tanto si muore lo stesso, prima o poi, che due anni fa potevo finire sotto la macchina che mi ha investita, e con me investì mie figlie, che dodici anni fa quel tumore benigno poteva essere maligno.

Lo so.
Lunedì mi operano e fino a lunedì programmo i miei giorni, poi non tocca a me. Il tempo a mia disposizione si ferma lunedì, poi sarà a disposizione degli altri, comunque. Nella migliore delle ipotesi, a disposizione di esami e controlli, vita natural durante, per scongiurare altre possibili "visite" inaspettate e sgradite.

Lo so.
E so pure che la mia vita cambierà, sarebbe dovuta cambiare prima, ma cambierà necessariamente dopo.
Il mio tempo non lo regalo più a nessuno che non lo meriti.