giovedì 5 settembre 2013

Settembre, manca poco.

Sì, manca poco. Manca poco al mio ritorno in pista.

Cavoli vostri. Ed è una promessa.

Alle dure come i muri. Come me.

Oggi mi sono ritrovata a pensare questo.
Il cancro, in realtà, ci rende più liberi, liberi di pensare e dire cose che forse "senza" non avremmo mai pensato o detto.
Ci libera anche dal fardello di altri fardelli. Mi spiego: ci concentriamo sul guarire, ci arrabbiamo di guarire, è la rabbia di vivere che ci muove a fare le cure, a subire gli effetti, a rincorrere la luce in fondo al tunnel. Già quando veniamo operate, al ritorno dalla sala, abbiamo un altro sguardo rispetto a quello con cui entriamo in ospedale. All'inizio siamo spaurite, preoccupate e in apprensione, poi usciamo dalla sala sollevate, e non credo sia solo effetto della morfina o dell'anestesia. Il mostro è fuori da noi.

E, dicevo, ci libera dal fardello di altri fardelli. Quante di noi iniziano il percorso, con l'esame istologico della biopsia, con altri pensieri che ci angosciano? figli, matrimonio, parenti, lavoro, ecc. Poi improvvisamente arriva la bestia che ci divora e quei pensieri vanno in secondo piano.
Poi l'intervento, o gli interventi, poi le cure e intanto quei pensieri sono sempre secondari.
Ma non li mettiamo in un cassetto, no, li affrontiamo, pure quelli, insieme al principale, solo che non diamo loro il peso che avrebbero avuto "senza".
E, paradossalmente, siamo più razionali e lucide nell'affrontarli.
Tutta l'emotività, i pianti e la disperazione li abbiamo già consumati per la "bestia".
Ora, per gli altri pensieri resta solo quella porzione di quel grande coraggio e forza che abbiamo trovato dentro di noi, quella porzione che abbiamo deciso di destinare a loro.
Così ho pensato, oggi, e così sto facendo, in effetti.