sabato 25 maggio 2013

E' fine maggio e fa freddo come novembre.

Ogni anno sembra diverso. Quest'anno è più freddo degli altri, siamo a fine maggio e sembra novembre. Fa freddo, piove da giorni (da giorni? da settimane! da mesi! non ricordi più quando ha cominciato a piovere, boh), e tu sei intirizzita.
Vabbè, la fase 1 è passata, sei nel limbo per arrivare alla 2, ma intanto il tempo va speso, in qualche modo.
E oggi hai deciso di spenderlo sistemando l'armadio e le cassettiere di tue figlie, hai regalato un sacco (sei!) di vestiti che non stanno loro più.
Fai tutto con fatica; avresti dovuto avere un aiuto, e solo alla fine della giornata lo avrai. Lo avrai nel senso che la persona in questione prepara delle valigie, le sue. Ci mette le sue cose in attesa di nuova destinazione.
Ovviamente tu agevoli il tutto e non ti fa nemmeno un gran effetto, anzi fai in modo che la scarpiera diventi finalmente solo tua.
O sei un'irresponsabile o finalmente ti senti libera. O tutt'e due.
Sì, tutt'e due.
Intanto, stasera, complice la tv che tieni spenta, hai deciso di partecipare a quel concorso che la tua amica ieri ti ha consigliato. Allora ripeschi delle storie che avevi scritto qui, le pubblichi di là e vai.
Però, approfitti per rileggerti, sei andata indietro di due anni: caspita, nel 2012 ho avuto tempo da perdere, che ho scritto più degli altri anni...
E ritrovi una te stessa diversa, certo non avrebbe mai potuto immaginare questa primavera di cambiamento drastico, addirittura fisico, che oggi ti vede coinvolta direttamente.
E come quando eri ragazza, non riesci ad immaginare il tuo futuro.
Però oggi capisci il perché di quella nebbia di allora.

mercoledì 1 maggio 2013

Il post delle settimane dopo

T'hanno operata, due volte. E pure questo step è andato.
Hai conosciuto molta umanità, tra il personale ospedaliero, tra le persone che entrano come te in ospedale, con aria smarrita ed impaurita ed escono dalla sala operatoria, libere, libere dal mostro che le mangiava, pure se menomate nel fisico, ma libere. E la libertà, il sollievo glielo leggi negli occhi e glielo racconti, quando ti stai, vi state preparando per uscire da quella camera, che vi ha ospitate tre giorni, nel tuo secondo intervento in poco più di una settimana e non puoi che ottenere conferme alle tue parole, che descrivono anche la tua sensazione, quella che hai provato la prima volta.
E ho conosciuto disumanità, superficialità, imbarazzo.
Ma per questo ci sarà tempo, dopo. Perché quel tempo lo dovrai trovare, per mettere tutte le caselle a posto, per te e per chi ami.
E ti ritrovi a scherzare e a parlare di politica (e di Renzi! ma dimmi te!) con il tuo chirurgo e il personale di sala quando attendi di poter entrare, scherzi ma forse sono le gocce di calmante che ti hanno dato o forse no. Probabilmente è il tuo spirito cazzaro che non molla e ti accompagna, ti tiene per mano, ti fa coraggio come la tua amica infermiera che è voluta essere con te tutte e due le volte.
Cosa ti aspetta ancora non lo sai di sicuro, anche se timidamente  te lo hanno prospettato e non è un bel vedere, in quel futuro prossimo. Ma solo la settimana prossima lo saprai con certezza.
Intanto, come avevi immaginato, il tuo tempo è sempre meno tuo, e probabilmente lo sarà sempre meno.
Ma questa per te è una malattia come un'altra, con un tempo di cura e guarigione più lungo, forse, più faticoso senz'altro.
Una malattia come un'altra.