giovedì 30 luglio 2015

Complicità tra simili

E' sera, vai al super per una piccola spesa, pure se alla fine esci con molto di più e molto di diverso da quello per cui eri entrata. Fai un giro al settore cosmetici perché hai finito la crema da giorno e non ti va di comprarla dove andrai in vacanza, ti piace arrivare con il kit completo, che poi magari non userai mai.
Poi esci dal super e ti avvi verso l'uscita, ti fermi ed entri nella nuova profumeria che da qualche mese ha aperto e che tu hai già esplorato.
E' parecchio tardi, il super sta per chiudere e la commessa si affretta a concludere una vendita con una signora, che ha acquistato un profumo.
Nell'uscire, la donna, ma tu l'hai già inquadrata e l'hai catalogata tra le tue simili, dice che i regali se li fa da sé, visto che nessuno glieli fa, e che quando uscirà dall'ospedale tornerà a fare acquisti più impegnativi, dal punto di vista cosmetico. E tu, che avevi giù capito, sorridi, annuisci e le dici che il tuo più bel regalo di compleanno te lo sei fatta l'anno scorso, il giorno prima, quando finalmente sei andata dal giudice. Poi la saluti con un "auguri, collega" e da lì il suo commiato diviene un fiume in piena. La commessa è imbarazzata, ha fretta e si vede e a te un po' dispiace, ma la donna ha voglia di raccontarsi, di sfogarsi. E racconta del suo tumore, del suo chirurgo, di come ha affrontato la malattia, escludendo un marito assente, medico,  non dicendogli nulla del cancro fino al giorno prima dell'intervento, un marito che l'accusa di stare male, facendogliene - non si capisce come mai, ma accade spesso - una colpa, e di lei che ogni volta, ogni recidiva, incassa e va avanti. E tu ti ci ritrovi, nel tuo pezzettino di vita, diverso per fortuna e per ora dal suo, ma tu sei libera e lei no, non lo è dal cancro e non lo è da un rapporto matrimoniale consumato, però ti ci ritrovi. E ti ci ritrovi anche nel desiderio di raccontarsi, di raccontarti, come accade alla maggior parte di noi, che abbiamo voglia di urlare che ci siamo nonostante tutto, la malattia e gli altri, quelli che ti guardano strani e quelli che magari hanno sperato che tu ci lasciassi le penne.
Non capiterà, non capiterà ora e forse lo faranno loro prima di noi, nel frattempo viviamo e lo urliamo, nei modi che possiamo e che sappiamo.
Un in bocca al lupo all'unisono e sono uscita dal negozio con una crema viso ed una terra in più.

lunedì 13 luglio 2015

Roma

Ormai sono passati più di 20 anni da quando ho lasciato la mia città. L'ho lasciata per un futuro da costruire, delle speranze, delle illusioni in parte oggi deluse, ma l'ho lasciata senza rimpianti, allora.
Oggi farei di tutto per tornare, se fosse minimamente possibile, ma quel che lascerei qui sarebbe difficile avere là.

Però è la mia città, la città che amo come fosse una madre, quella città fatta di polvere, di colore, di quei tramonti rossi che solo Roma ha, del profumo del gelsomino che si spande nelle notti d'estate dalla siepe del vialetto d'accesso di casa mia e che riempie le narici di chi passa, del venticello che non manca mai, specie quando serve, del mare ad un passo e dei parchi che così belli non credo ci siano altrove in Italia.

E' la mia città e ne vedo i lati oscuri e quelli meno ideali. Il traffico, lo smog, la sporcizia, il degrado, il rumore ma è la mia città e anche quei difetti diventano pregi, pietra di paragone per altre realtà, come quella in cui vivo.

Leggo di romani schifati, che farebbero di tutto per andare via: ecco, io ero una di loro, non mi sentivo a casa a Roma, pensavo di trovarla altrove. E poi mi sono resa conto che casa ero io, ovunque fossi e che una città vale l'altra, a parte quella in cui sono nata ed ho passato i momenti più belli della mia vita (nascita di mie figlie esclusa). 

Se non stai bene in te stessa non stai bene da nessuna parte, ho imparato in questi anni, e ancor più in queste settimane di solitudine pre-ferie, dove il tempo si dilata e fa compagnia al silenzio e non ci sei altro che tu.