martedì 9 ottobre 2012

Sabbia.

Quella che scorre in una clessidra. Va dall'alto in basso e poi, finita, giri la clessidra e ricomincia a scendere, fino a che finisce di nuovo, fino a che la rigiri e scorre nuovamente.
Solo che quella sabbia è, pur essendo la stessa, differente, scorre all'incontrario di prima.
Ed è come se il tempo che è passato nel precedente verso della clessidra fosse andato in un senso contrario a quello che scorrerà poi, con quella sabbia vecchia ma nuova.
L'ineluttabilità del tempo, la sua indisponibilità.
Il tempo è quello, è quella sabbia. Va, scorre, non si ferma. Se si ferma, sei tu che lo fai, non il tempo.
E se ti fermi ad osservare cosa accade, quell'accadere passa e se ne va e tu sei fermo. A guardare ciò che non è più, che è stato e che non sarà.
Allora meglio non guardare, non osservare, ma camminare avanti, al tempo del tempo, se ti riesce.
Non importa dove andare, ma importa che vai. La direzione la vedrai nel cammino. Ma intanto la sabbia non scorre invano, almeno.
E non perdere nulla di quello che hai attorno, vivi ciò che prima osservavi.
Vivi quella sabbia e scorri con lei e se poi ti capiterà di scorrere al contrario di prima, è il tempo, non sei tu.
Tu sei il tuo tempo.

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