sabato 28 luglio 2012

Pomeriggio.

E pure stavolta hai preso un treno, anzi due. Due treni ed un bus. Strane coincidenze.
Al nord, al sud. Anzi al centro.
E arrivi in un luogo, stavolta conosciuto, anche se per certi versi non è più tuo.

Fa caldo, l'altra volta pioveva.
E' estate, là era inverno.

E sei sola, in silenzio. Le pale del ventilatore muovono l'aria rendendola fresca, gradevole.
Ed eri sola, e leggevi un libro, di uomini che odiavano le donne, ricordi.

Dormicchi, dormicchiavi.

Aspettavi.
Aspetti.

Un suono. Una voce.

giovedì 26 luglio 2012

Paradossi.

Gran brutta cosa aver passato una dozzina d'anni in uno studio legale civilista.
Ne vedi di tutti i colori, gente che ha un sacco di soldi, ma che al momento di saldare per il lavoro svolto, si dimentica; persone che non ce la fanno a saldare il loro debito e ne inventano di ogni per sgattaiolare da banche, finanziarie e quant'altro, che non hanno bisogno dei loro miseri soldi, ma ne fanno una questione di principio, di etica (etica?) commerciale.
Mi divertivo a scoprire gli espedienti che la gente inventava pur di sfuggire alle maglie di un pignoramento e, quando ce la faceva, ero contenta. Beh, non ero fatta per far l'avvocato, è ovvio.

E poi le separazioni. 
Storie di corna, sempre e comunque.
La separazione più strana fu quella di una coppia che si amava, ma si amava talmente che non desiderava più vivere insieme. Quando vennero a prospettarci la loro intenzione, io e gli altri di studio ci guardammo stupefatti. Unici, erano unici. Poi alla fine, la separazione arrivò, come tutte, del resto.
Ma non so se tuttora stiano sempre insieme, quei due. Si amavano troppo.
Buffa la vita.

Gente che si odia ed è costretta a stare insieme, magari per problemi economici e gente che si ama che si divide.

lunedì 23 luglio 2012

Troppo tempo. Poco tempo. Mai abbastanza.

Strano. 
Molto davvero.
Hai a disposizione una vita intera e sprechi il tempo a rincorrerlo, a rincorrere la vita, che guardi scorrere come dal finestrino di un treno. Tu ti muovi, ma sei ferma e fuori ciò che è fermo, ti sembra spostarsi velocissimamente.
La relatività.
E poi ci sono le dimensioni. Vivi una vita che ti appartiene, l'hai scelta un giorno, una serie di giorni, una sequenza di scelte, di occasioni che hai perso e che hai colto. Più le prime delle seconde nel tuo passato, a dire il vero. Oggi riesci a vedere le occasioni, le cogli, pensi forse perché sei adulta, matura forse, non lo sai. Più di diversi anni fa, probabilmente.
La maternità cambia una donna, di botto la fa sentire assalita dagli anni, dalle responsabilità. Ora le decisioni non sono più sue, sono per altri e questo la spaventa ma è ineluttabile. 
Ineluttabilità.
Hai portato in grembo una vita per 40 settimane, ti spaventa quel giorno, il giorno in cui la vita vedrà la luce, ma non puoi rimandare. E quel non poter rimandare ti segna per sempre. Da quel giorno affronti tutto, nel bene e nel male. Tutto l'importante, ovviamente.
Le dimensioni, dicevi. 
Sì, la vita che ti appartiene ed invece non è così. La vita che hai scelto quel giorno di vivere, quei giorni. E poi ti rendi conto che forse è la solita maschera che indossi da quel giorno.
E ti costruisci, se possibile e quando è possibile, un'altra vita. Quella che ti piace, quella in cui sei tu, quella vera, quella "dentro". Quella che è sotto la maschera, insomma.
E in quella dimensione vivi, respiri aria vera. 
E in quella dimensione il tempo non conta, tra l'inizio e la fine. Il tempo è fermo, il mondo non esiste. 
Esisti tu e la dimensione, la tua oasi di spazio e tempo che non esistono. Ci sono solo per te.
Non c'è un troppo, non c'è un poco. 
C'è un molto che si dilata, tra un inizio e una fine.

mercoledì 11 luglio 2012

Terza fila, secondo posto da sinistra

Seduta, hai accanto a te persone che non conosci e che non ti conoscono. Fa niente, eri lì non per socializzare, tanto lo fai naturalmente, ti riesce così bene che non pensi nemmeno sia importante.
Ti guardi attorno, che ci fai lì, ti chiedi e non lo sai.
Ascolti parole, abbastanza inutili. Gente che si parla addosso, che si autoelogia, che si compiace della sua intelligenza, che critica ma solo per autoaffermazione, è sport la critica, quasi una ginnastica da terza età, ormai.
Una cosa stona e la noti e un'altra persona la fa notare. Risposte stizzite, un po' infantili a cui corrispondono repliche sarcastiche. Ma è così, se non cambiano le cose le cose non cambiano.
E mi sa che in mano a costoro, le cose non cambieranno. Tali e quali.
In prima fila siede una persona. La conosci, è l'unica che conosci davvero - almeno credi - e che ti conosce davvero - almeno crede.
La osservi, mentre le parole al vento proseguono in una sera di inizio estate in una città che non ti appartiene.
Le guardi la nuca, è di spalle di fronte a te.
E pensi.
E pensi che con lei non hai mai avuto nulla a che fare davvero. Non ti conosce e pensa di conoscerti. 
Pensi di conoscerla e forse non la conosci.
Le hai parlato mentre ti recavi là e sentivi la distanza. Tu a terra, coi piedi ben piantati. Lei in volo pindarico verso un sogno che pensa di toccare. Ma tu sai che le ali di cera si sciolgono più si sale verso il sole.
Il novello Icaro cadrà e ti dispiace. Ma gli hai già offerto la rete una volta, non puoi sempre fornirgli un approdo sicuro.
Che cada. Con te non ha più nulla a che fare da tempo.
La rete gliela stanno preparando altri, ma non è una protezione. E' una trappola.
Tu lo sai, glielo hai detto, ma ci si sta invischiando dentro e prova ad invischiarci anche te.
Solo che tu non voli così alto. 
Soffrire di vertigini aiuta.