lunedì 27 settembre 2010

Canzoni

Ci sono musiche che ti riportano immediatamente a certi ricordi.
Un paio di esse esercitano questo potere su di me.
Capita che non appena ne avverto le prime note, mi ritrovo su un treno, con le cuffie dell'mp3 alle orecchie, un libro sulle gambe, lo sguardo fuori dal finestrino in cerca di paesaggi da scoprire, un sabato mattina piovoso di fine gennaio.
Diretta verso un posto ove mai ero stata, assolutamente ignoto.
Ma con la curiosità un po' spaventata di chi si accinge a compiere qualcosa di mai fatto.
Un salto nel vuoto.
Una follia cominciata.
E quella musica che durante quella prima parte di giornata mi accompagna più volte, ciclica quasi, magica, in attesa di quelle ore folli, che però non ho più dimenticato e difficilmente scorderò.
E poi, dopo, un altro luogo ove ero già stata, ma in circostanze diverse, una passeggiata, ricordi di altre persone, racconti, un panino mangiato su una panchina, una testa sulla spalla, una coccinella portafortuna in regalo.
Chissà se esiste ancora, quella coccinella.
Un rientro in auto, poi ancora il treno.
E quella musica che riaccompagna il viaggio di ritorno, con l'incredula contentezza di aver cambiato un po' di sé.
Ecco, quelle canzoni sono il mio punto di svolta.
A fine gennaio.


http://www.youtube.com/watch?v=vM2cvLKjNZs

giovedì 23 settembre 2010

La ballerina

Lui apre il carillon e nell'aprirlo lei si solleva, lenta, delicata.
Lui la guarda, gira la molla per la carica e lei comincia a ballare, gira su se stessa al suono gentile di quel meccanismo.
Lui la osserva e sorride, contento che ancora funzioni, nonostante il tempo trascorso da quando quel cofanetto era stato riposto nella soffitta.
La ballerina balla e pare guardarlo, come orgogliosa di mostrare che ancora sia perfetta dopo tutti quegli anni.
La musica continua, il ballo leggiadro sembra incantarlo.
Di colpo un rumore, una voce di donna, un nome.
Lui chiude improvvisamente il carillon e lo abbandona lì.
Una lacrima le solca il volto.

Spiragli di alba

Era febbraio. O forse marzo. Ma non più tardi di marzo, sicuramente.
Carla era sotto KO, dopo un uno/due degli ultimi mesi che la stava mandando giù. E l'ultimo colpo non era stato più forte degli altri, era solo stanca e quello fu solo un semplice sgambetto fatto da chi non aveva altre armi da usare.
Stava per rovinare a terra, ma a sostenerla trovò un'amica che le porse subito la sua mano in aiuto e non le fece toccare il suolo.
Tutt'intorno il silenzio. Solo lei, la sua amica, sapeva e capiva cosa le stesse accadendo.
Carla si rialzò in piedi, si risistemò, si guardò allo specchio e vide che non c'erano rimasti troppi segni sul volto.
Dentro era colpita, ma più nell'orgoglio che nel cuore.
Il cuore non c'era più da tempo.
"Vabbè", pensò, "l'hai voluto tu. E poi, guardalo bene, che te ne facevi di uno così?"

Ricominciò a percorrere la sua strada in solitaria.
Non si era accorta di chi le fosse accanto. La gente intorno non le interessava di certo.
Non si era accorta che qualcuno le si stava intrufolando nella sua vita, senza che lei ne avesse percezione.
Forse era ancora stordita.
Quando se ne accorse, era tardi. Quel qualcuno si era impossessato dei suoi pensieri.
Nel corso del tempo, anzi quasi subito, non appena capì, provò ad allontanarlo, ma non ci riuscì.
Pensò molto spesso a come fare per mandarlo via da sè, non era proprio il caso di rinfilarsi in una situazione del genere.
Allora decise di fare il contrario di ciò che avrebbe voluto, lasciò che se ne impadronisse.
In fin dei conti, cosa sarebbe cambiato? nulla. Alla fine se ne sarebbe andato da solo.
E il tempo scorse via. Scorse via tra liti, silenzi (pochi), incontri, sorrisi.
Ma quel qualcuno restava lì, non se ne andava.
Intanto nella vita di Carla, altre persone si affacciavano.
E lei sperava che alcune di loro riuscissero in ciò in cui lei non era riuscita, farlo andare via.
Una di queste le suscitava tenerezza, addirittura. Forse sarebbe stata la persona giusta, forse.
Ma più pensava a questa persona, più le accadeva che, virando il pensiero verso chi era padrone di lei, le uscisse un sorriso.

Era notte fonda, ormai.
Si addormentò sorridendo.

Senza titolo

Lo stato d'animo non è quello giusto, probabilmente dovrei essere più spensierata.
Dovrei avere la mente sgombra dai pensieri.
Oppure è solo forse colpa della famosa sindrome premestruale, che a noi donne fa alterare l'umore (come se gli altri giorni del mese fosse sempre costante, mah).
Ma in verità non è la mente ad essere ingombra, quello lo è sempre.
Pensieri che corrono, si fermano, ripartono, si accavallano ad altri, si depositano sotto alcuni più prepotenti, ma poi risorgono quando meno te l'aspetti.
Quello che è ingombro è l'altro organo che sovrintende alla vita.
Alla vita fisica e, nella sua versione immateriale, a quella dell'anima.
E' talmente ingombro che scoppia.
E' come uno di quegli armadi (i miei, tutti) che traboccano di vestiti, oggetti, borse, cose nascoste e che stanno lì per errore o perchè messe in attesa di venire trasferite nel luogo ad esse deputato. Ma che non vedranno mai, nella loro lunga o breve esistenza.
Cose dimenticate, che solo un paio di volte all'anno ritrovi e sorridi nel rivederle. Magari ti ricordano il momento in cui l'hai messe lì o quando le hai comprate.
Utilissime, non ne potevi fare a meno.
E il cuore è un po' così.
Trabocca.
E per quanto tu cerchi di metterci le sensazioni dentro, le spingi con forza e provi a chiudere l'anta, questa non si chiude ed un pezzetto di quella sensazione spunta fuori e ti ricorda con quel lembo sporgente che è lì. E che se vuoi chiudere bene, dovresti togliere quell'emozione da dentro.
Farla uscire.
Non sono emozioni negative quelle più fastidiose, quelle escono quasi da sole, anzi sei tu che le fai uscire facilmente. E' come una deflagrazione improvvisa. Esplode e si spande. Stop.
Dopo ti senti un po' scarica, però non sei appagata.
Quelle più fastidiose ed ingombranti sono quelle positive, quelle che non puoi far uscire e basta, devi indirizzarle per farti stare bene. Indirizzarle. E verso cosa? verso chi?
Il problema è quello: cosa, chi.
Allora pensi che è meglio tenerle dentro, in fin dei conti perchè sprecarle. Le spari verso qualcuno e magari gli rimbalzano addosso e cadono a terra. Magari pure nel fango o in un pozzanghera. E non le puoi più riprendere.
Quelle emozioni non si possono riprendere, si possono solo scambiare con altre, che però non richiudi nel cuore, come le prime, ti pervadono e ti fanno stare bene, appagata.
E quindi continui a serbarle, le nascondi, le stipi dentro, finchè un pezzetto spunta nel momento meno opportuno e ti ricorda che sono lì dentro.
Ma l'armadio è pieno e non ci stanno più.