martedì 29 maggio 2012

Pause di tempo. Non è più tempo di pause.

Corri, ti affanni, incastri impegni, doveri e pochi piaceri.
Non c'è il tempo per te, non ce l'hai, quando l'hai avuto l'hai sprecato, annoiandoti nel nulla di una realtà che non pensavi diventasse mai tua, eppure lo era, tua, e tu, nella tua noia, non riuscivi ad accorgertene.

Spreco, immondizia di tempo da non differenziare. Lo spreco non si differenzia, è spreco e basta.
Lo getti nel cestino di un ricordo che dimenticherai in fretta. Cosa hai fatto in quei giorni, ti chiedi e non ti rispondi. Non ricordi, tutto è nebbia di quei giorni, di quei mesi, di quegli anni buttati nel nulla.

Nebbia. Sì, una nebbia di quelle che non ti lasciano vedere ad un centimetro dal naso e che non ti fanno progettare alcunché. A che serve il progetto se nulla vale il nulla?
Poi le cose cambiano, non sei tu la responsabile di questo, ti annoi tu, perdi sempre il tuo tempo dietro al niente, però cambiano lo stesso e dalla nebbia filtra non luce, ma un colore diverso, meno grigio, e forse qualcosa inizi a vedere.

Cambiano le cose e cambi tu.
Allora ti trasformi, in un parossismo delirante trovi mille cose da fare, da organizzare, da pensare di fare e da pensare di organizzare, tutto per tagliare quella nebbia che ti assale il respiro e ti fa soffocare, che ti ha soffocata senza ucciderti davvero. E usi come alibi il frutto di te.

Poi ti calmi, ti guardi attorno ed una certa luce la vedi, non ti annoi più, anche se il pensiero di pensare, il pensiero di fare continuano ad occupare spazi abnormi in te.
E trovi nuovi interessi e passi dal pensare di fare al fare e ti riesce anche bene. Sei contenta, il tempo che prima sprecavi nel nulla ora lo usi in qualcosa che ti piace, ma quando inizi a pensare a cosa fare dopo capisci che è ora di lasciare ciò che finora hai fatto.

E ti riguardi attorno e vedi un'altra luce diversa e occhi bambini che ti hanno aspettata tutto quel tempo ed ora vogliono te. 
E tu decidi che ora devi stare con loro.

sabato 26 maggio 2012

Un fiore

C'è una canzone. 
Una, quella. Quella che qualche anno fa la sentivi sempre alla radio, in tv, nelle filodiffusioni dei super, ti sembrava di sentirla ovunque. 
Quella che quando la sentivi in auto ti veniva automatico seguirla cantando, il perché non  lo so, era così, punto e basta.
E quando lo raccontavi, che la cantavi, trovavi lui che si stupiva, e che ogni tanto ti richiedeva il titolo, probabilmente gli sembrava strano che tu ti mettessi a cantare a squarciagola nel chiuso della tua auto (proprio al chiuso non eri, visto che spesso - era primavera, lo ricordi bene - i finestrini erano abbassati).
Quella canzone.
E lui tu non lo conoscevi, l'hai visto una volta, in mezzo a centinaia di migliaia di persone. 
Ti chiamava, però, e prima di telefonarti ti chiedeva il permesso, con educazione e discrezione.
E poi quelle telefonate, quel "Daniè, ma che ti frega?", con quel distacco di chi vive al Sud, poco più a sud della tua città d'origine, con quel distacco di chi ha già provato tante fregature della vita, anzi, ha provato la Fregatura, a trent'anni, ed è riuscito a fregarla lo stesso, non poteva non essere più furbo di lei, in effetti.
E poi se ne è andato, una notte, in silenzio.
E mi resta quella canzone, che mi ricorda di una persona gentile, che sapeva guardare alla Vita come io ancora non riesco a fare.

giovedì 17 maggio 2012

Malattie da social network (4). Il passivismo

Sì, lo so: sono una social addicted.
Lo ammetto e un po' me ne vergogno, ma a mia parziale discolpa dico che, almeno, sono attiva, anche iper, per certi versi.
Non mi nascondo, io.

Quello di cui voglio parlare, ora, invece è la patologia più virulenta, più presente in ogni social, anche in quelli misconosciuti (chi di voi sa cosa sia Diaspora? io sì, ho pure quello, già nella versione beta, non me ne faccio mancare uno): il passivismo da social.

Il socialpassivo è colui (uso il maschile perché in massima parte il passivista è uomo) che non scrive nulla, è parco anche con i "mipiace" su Facebook, sembra non esserci ma c'è.
Da cosa si denota la sua presenza/assenza? Semplice, sa tutto di tutti, probabilmente passa il suo tempo davanti allo schermo con lo sguardo focalizzato sulla Timeline di Twitter oppure sullo stream laterale di Facebook, non guarda altro, la home gli interessa fino ad un certo punto, nota evoluzioni, passaggi, commenti, amicizie e condivisioni.

Poi, al momento opportuno, appare: un guizzo, un mipiace, un commento buttato là per dire "ci sono e vi osservo e vi giudico, siete asociali, vivete fuori da qua invece di trascorrere tutto il vostro tempo sul pc".
Peccato, che alla medesima osservazione dello stream tu ti accorga che la persona in questione, il passivista, clicchi mipiace qua e là (se poi sono foto di donne procaci, allora diventano un coacervo di mipiace di passivisti), e la sua presenza/assenza sia ben rilevabile da questo e da altro.
Il pallino verde della chat, ad esempio. Il passivista è distratto e la distrazione si paga.

La bacheca Facebook del passivista è scarna, vuota, con pochi status, pochi link cui nessuno presta attenzione o con pochissimi (massimo cinque, non di più) commenti, cui il titolare non replica, ovviamente per non dare adito ad illazioni sulla sua presenza sul social.

Probabilmente il passivista è annoiato da se stesso.

Quando il passivista interviene, dando del social addicted al malcapitato commentatore improvvido, costui può replicare con fare sottomesso o rispondendo per le rime, segnalando l'altrui presenza dissimulata, se fruitore attento delle dinamiche dei social, ed allora riceverà la solita risposta, quella valida erga omnes: "Col computer ci lavoro, è sempre online, non sto su Facebook, io." oppure l'altra "ho lo smartphone, mi manda le notifiche e se ho voglia rispondo".

Passivista, queste risposte le do anche io.