venerdì 6 aprile 2012

Dal 1995 al 2012

Anzi, no: era il 1994. 
Avevo 24 anni, fingevo di studiare Giurisprudenza, pochi esami, mi era passata la voglia.
Quando salivo quelle scale della Sapienza, mi prendeva lo sconforto.
Poi un giorno mi viene chiesto di venire a vivere a Lucca, ci penso un attimo e dico di sì.
A febbraio del 1995 mi trasferisco armi e bagagli.
Una venticinquenne romana in una città d'arte toscana. Solo che pensavo di ritrovare le essenzialità a cui ero abituata a Roma: i mezzi pubblici, i negozi aperti all'ora di pranzo, il mercato che durasse anche dopo le 12, pizzerie e locali aperti fino a tardi. Invece, nulla di tutto questo: poche linee e mal collegate con la periferia; molte, troppe auto per una città così piccola; negozi che chiudevano (e molti tuttora chiudono) alle 12.30/13.00; un mercato (e parlo non di quello ortofrutticolo, che praticamente era inesistente) che all'ora di chiusura degli uffici (e quindi quando le persone possono essere un po'  più libere per gli acquisti) si smaterializzava; dopo cena non c'era più niente aperto, salvo qualche rara eccezione.
Insomma, tornavo ogni tanto a casa, a Roma e rifiatavo.
Le persone lucchesi, altro mistero: molta buona educazione, ma un certo distacco. Per molto tempo mi sono sentita estranea, "piovuta", come si suol dire qui. Curiosità verso Roma molta, verso le nostre abitudini ("pranzate sempre tardissimo, voi al Sud", che poi invece pranziamo verso le 13 e se è più tardi, è per motivi di lavoro, non certo per abitudine) ma anche un certo timore, come se fossimo marziani.
E vabbè, pensi, gli passerà.
Il rispetto te lo guadagni col lavoro e con la serietà.
Poi ti sposi (a Roma, in Campidoglio) e ti trasferisci da San Marco a S. Alessio, in Corte Pistelli, e ti allontani sempre più dal centro. 
E' il 1998. 
Sempre meno bus, sempre più orari assurdi per l'unica linea che collega quella zona con la città ("si può andare in centro alle 15 e rientrare alle 17? e se i negozi aprono alle 16.00/16.30 come faccio?") e a te non va assolutamente di guidare.
Odi guidare. La patente l'hai presa perché a 18 anni si prende, la patente: ti hanno regalato i soldi sufficienti per iscriverti a scuola guida e quei soldi vanno spesi in quello, nella patente. Solo che poi, una volta presa, tu a Roma non hai mai toccato un'auto, praticamente, l'unica volta che l'hai fatto hai lasciato una strisciata (della macchina di tuo padre) su tutta la fiancata di una BMW blu nuova di zecca parcheggiata in una via dei Parioli e da allora non hai più guidato.
2003: Camilla
2006: Ginevra
Le figlie, il tuo biglietto da visita per diventare accettabile, l'asilo prima e poi la scuola elementare, le frequentazioni tra genitori, riunioni e festicciole.
Per motivi legati alla salute di Ginevra, devi portarla tutti i giorni all'ospedale, per la fisioterapia e allora le scelte sono due: o conosci tutti i tassisti di Lucca (e li conoscerai per qualche mese, anzi un anno, più o meno) oppure ti decidi a salire su quella macchina che hai e che hai fatto seppellire dalla polvere, dopo aver ripreso qualche lezione, e la conduci tu dove vuoi. 
E così è. 
A Lucca devi necessariamente muoverti con l'auto per ogni dove, a meno che tu non abiti in centro, ma anche se abitassi in centro l'uso dell'auto sarebbe necessario ("ah, come rimpiango Roma, i suoi monumenti, i suoi musei, i suoi autobus, i tram, la metro..."), risalendo su quella macchina hai firmato la tua condanna a tassista di tue figlie fino alla loro maggiore età.
Nel frattempo anche la città era diventata meno chiusa, un po' più di vitalità, o forse sei tu che ti sei adattata, in fin dei conti sei diventata più "matura". 
Forse la maternità ti ha fatto apprezzare aspetti che prima non consideravi e la tranquillità di una città di provincia diventa stile di vita.
Qualità di vita, espressione che a Roma è sconosciuta, nel senso positivo. Nel Lazio addirittura Utopia.
E decidi che puoi fare qualcosa di buono. 
Le figlie crescono e tu puoi dedicarti a quello che ti è sempre piaciuto, anche quando eri all'Università a Roma, pur osservandolo come da un vetro.

(continua al prossimo post)




Nessun commento:

Posta un commento