sabato 31 marzo 2012

Intercity 511 Pisa - Roma 15.10 / 18.05

Stai sul treno, scompartimento pieno, sei seduta e le tue bambine pure. 
C'è chi dorme, chi legge, chi sta sul pc, loro mangiucchiano, giocano con le venti bambole venti che si sono portate negli zainetti (rigorosamente a spalla, io ho la valigia, ognuna di noi tre sa che dovrà badare al proprio bagaglio), scrivono, disegnano, chiacchierano, ridono, cantano.
Probabilmente chi dorme finge di dormire: è inverosimile che ci riesca, non stanno ferme un attimo ed intervallano i loro continui movimenti con richiami alla madre (cioè me) per vestire le bambole, passare loro l'acqua, i biscotti, le penne, i quaderni, tirare loro giù lo zaino dal vano portavaligie in cui l'ho confinato. 
E recuperano l'astuccio sotto la poltroncina, da cui hanno staccato il poggiatesta, si specchiano, si tolgono le scarpe, si mettono sdraiate, riprendono le bambole, il DS. 
Ah, il DS: il motivo delle loro liti perenni. Per fortuna ora non ci pensano, al DS e spero che per tutto il viaggio non lo facciano.
Le ho minacciate di chiuderle in bagno se urlano o se litigano, per ora funziona.
Però è bello il treno, consente cose che l'auto non permette, anche di farle scorrazzare lungo il corridoio (ancora non ci hanno pensato, ma c'è ancora un'ora, ci penseranno senz'altro).
Il mio vicino di poltrona sorride divertito alle loro birbonate e alle loro risa.
Dal corridoio si sentono urla di bambino, allora c'è qualcuno qua che sta peggio di me, penso con fare consolatorio.
In borsa ho portato il dentino che Ginevra ha perso ieri, il topolino non è arrivato (madre degenere! ieri sera avevo troppo sonno e ho dimenticato di metterle i soldi sotto il cuscino), come quando lo perdette Camilla, stessa storia, stessa mamma smemorata e stesso viaggio del giorno successivo verso Roma. Stanotte il topolino romano passerà e probabilmente porterà soldini anche per l'altro dentino, che è sul punto di lasciare quella bocca bambina.
Manca un'ora e quelle due ridacchiano. 
Sono sempre felici quando vanno dai nonni.
Sono sempre felice quando torno a casa.

lunedì 26 marzo 2012

Post buttato là

Osservi, noti, studi, rilevi.
Non serve a niente tutto ciò, eppure lo fai. Nulla serve, tutto serve, ti hanno insegnato.
Vedere, guardare, osservare con attenzione. 
E capisci i comportamenti e attribuisci a loro un significato logico, pure se di logica non pare ne abbiano.
E poi le coincidenze fortuite, ma quanto sono in effetti dovute al caso e quanto queste coincidenze sono frutto di scelta consapevole?
Ecco che ritorni ad osservare ciò che ti circonda ed anche quello che ti dovrebbe essere lontano, ma che in qualche modo ti sfiora, una foglia che svolazza nell'aria e poi ti cade ai piedi. 
Perché?
Ma te lo chiedi davvero il perché, oppure sai già la risposta?

martedì 20 marzo 2012

Ci sono riuscita alle 21.00. Figlia tenace.

Mio padre.
Mio padre è sempre stato un immaturo, un bambino cresciuto.
Mio padre non mi portava al parco, a giocare, a correre con la bici. 
Mio padre doveva lavorare.
Mio padre la domenica mi portava in giro per il centro, apriva un libro sulle strade di Roma in una pagina a casa e quella domenica giravamo per quella strada, in cerca di quei monumenti, di quelle chiese misteriose, di quei musei, senza contare quelli che vedevamo i 21 aprile, quando gli ingressi erano gratis.
Mio padre mi portava all'Olimpico a vedere la Roma (fino a Roma-Lecce, poi non mi ci ha più portata :D)
Mio padre d'estate mi portava al mare, a Fiumicino, ad Ostia fino a quando non mi mandava dai nonni in Sardegna.
Mio padre mi ha insegnato il piacere della lettura, dei libri, dei giornali.
Mio padre voleva insegnarmi a giocare a carte ma non mi è mai piaciuto il gioco, tutti i giochi.
Mio padre mi ha sgridata fino a farmi piangere perchè in prima media ho portato tutti "ottimo" e non "eccellente".
Mio padre aveva il terrore di insegnarmi a guidare, perchè lui è più pazzo di me, alla guida.
Mio padre mi ha insegnato l'arte tutta romana di non prendersi mai troppo sul serio.
Mio padre ancora oggi mi fa sorridere con la sua voce da Alberto Sordi.

Ora, papà, se ti fai trovare a casa riesco pure a telefonarti e a farti gli auguri per la tua festa. Perchè tu il cellulare non sai nemmeno come si accenda.

giovedì 15 marzo 2012

Malattie da social network (3). Il pokismo.


La carrellata di socialpatologie prosegue.
Ora è la volta del pokismo.


Per chi non conosce cosa sia il poke, illustrerò in poche parole questa funzione dai più trascurata, perché apparentemente inutile. Apparentemente, perché avrebbe la finalità, attraverso la pressione dell'apposito pulsante, collegato ad un certo utente, di sollecitare l'attenzione di quest'ultimo verso l'autore del poke, appunto.
Una sorta di squillo, di "toc toc, mi consideri?", insomma.

Il pokista è spesso un malato cronico, di genere per lo più maschile, che rivolge il suo agire verso l'altro sesso, convinto che questo non aspetti altro che venir sollecitato da tali attenzioni.

Peculiarità del pokismo, rispetto alle patologie precedenti, è che non è virale, non si diffonde, anzi il pokista in genere viene subito posto in quarantena, isolato, attraverso la non risposta al poke, normalmente ignorato o addirittura cancellato (cliccando sulla x che segue il "rispondi al poke").

E' stata sviluppata persino una terapia d'urto, definitiva, che consiste, dopo una prima cancellazione dall'elenco amici, nel segnalare (e poi bloccare) come molestatore (e far segnalare da altre persone, bastano circa 30 segnalazioni e la terapia diviene efficace) il pokista che, non avvedendosi di essere malato, prosegua nel suo operato, cercando vanamente di infettare il destinatario del poke stesso. Attraverso questa metodica, il pokista viene eliminato dal social e confinato nel mondo reale, fintantoché non si ricrei una nuova identità, riallacci nuovi legami virtuali e provi a riprendere l'attività interrotta.
Ma necessariamente decorre del tempo prima che accada di nuovo e questo può far sperare in una riabilitazione pressoché completa.

Passiamo ora alla definizione delle varie tipologie di pokista:


1) pokista "da rimorchio": è la più classica, consiste nel cercare (maldestramente) un avvicinamento all'altro genere, pensando di essere simpatico. Il pokista da rimorchio normalmente si attende una risposta, che può essere: un altro poke, un mipiace buttato là (v. altro post dedicato) solo al fine di zittirlo (ma in genere si ottiene l'effettoopposto) oppure, il caso più frequente, ovvero (come illustrato sopra) la cancellazione del poke, fino ad arrivare alla segnalazione, al blocco, passando per la cancellazione dall'elenco amici (più precisamente, contatti).


2) pokista "ping pong": è il pokista che si diverte come fosse uno dei partecipanti ad una partita di ping pong.  Fa partire il primo poke, attende la risposta, questa arriva, risponde, e così via. Al termine non c'è nessun vincitore. Non si capisce il senso logico di un tale gioco, ma stiamo pur sempre nell'ambito di malattie.


3) pokista "da competizione": è chi colleziona poke, fino ad averne anche una cinquantina da cinquanta persone diverse. Attende di avere un numero congruo di poke, poi esegue uno screen shot della sezione relativa, la pubblica sulla sua bacheca, tagga i nomi dei partecipanti, li ripoka ed attende le risposte e sui commenti e con i poke. E poi prosegue. Chi colleziona più poke vince. Cosa vinca non è dato sapere.


4) pokista "non sono tuo amico, ma se ti poko mi aggiungi?": immaginate l'esito. Ban immediato.


Nel prossimo capitolo analizzeremo gli utilizzatori di chat.
Stay tuned.



Malattie da social network (2). Il mipiacismo

Altra malattia endemica da social network: il mipiacismo.

Si manifesta con un'improvviso e convulso cliccare sul simbolo del pollice recto, oppure sulla combinazione di due parole ("mi" e "piace") poste alla fine di uno status, di un commento o di un link.
Talora si produce in approvazione incosciente di pagine (appositamente definite "fan", ovvero traduzione inglese della parola "ventilatore" proprio perché finalizzate alla diffusione rapida e virulenta di tale patologico atteggiamento) di cui non si conoscono minimamente i contenuti, solo in virtù di questa forma ossessivo compulsiva di click.

Il mipiacista si riconosce perché non scrive molto, spesso è laconico nei suoi commenti, usa il click per sostituire un "hai ragione, approvo quanto dici" oppure per far capire velatamente al commentatore improvvido che è ora che la faccia finita di commentare.


Nella fase acuta troviamo una recrudescenza di pagine e di click e nella casella mail del mipiacista giacciono non letti migliaia di messaggi di aggiornamenti sulle pagine, che mai verranno cestinati, poiché privi dell'apposita icona su cui cliccare.


I mipiacisti non si riconoscono nell'utente-tipo da social network, in quanto, ritenendo la loro presenza e la loro attività inosservate e inosservabili, spesso si producono in mipiace anche contraddittori con la loro idea, attività professionale o, peggio, condizione sociale e stato civile.
Ma è un loro pensiero: l'attività del mipiacista è visibilissima e ad un occhio attento e ad un utente distratto, in quanto spesso il malato, catturato dalla foga di digitare, non cura con attenzione la propria bacheca (o wall, che dir si voglia) e non provvede a nascondere il frutto del suo click o, peggio, a cancellarlo, per cui è frequente che la sintomatologia diventi evidente, senza necessità di percorsi analitici complessi.

Purtroppo, anche per questa patologia, c'è cura, anzi spesso il mipiacismo sfocia nel più endemico pokismo, ma a questa evoluzione patologica dedicheremo apposito post. 

mercoledì 14 marzo 2012

Malattie da social network (1). Il puntinismo.

Parleremo delle patologie indotte dai social network.
In questo post tratteremo del puntinismo.

E' una malattia che porta all'abuso dei puntini di sospensione, nelle forme più acute si associa alla duplicazione o addirittura triplicazione dei punti interrogativo e esclamativo, con la contemporanea scomparsa del punto e virgola. 
Si cronicizza quando sparisce la consecutio temporum, specie attraverso la sostituzione del congiuntivo con l'indicativo.

Il puntinista assiduo intercala il suo discorso con frequenti sospensioni del pensiero, che rappresenta con una sequenza di puntini che va da un minimo di tre ad un massimo indefinito, presumibilmente in linea con la sospensione dell'attività sinaptica in essere.

La puntinista si distingue dal puntinista per l'uso smodato di cuoricini, specie al termine della sequenza puntinica o addirittura in luogo di essa. 
Ciò provoca in un lettore attento, ma anche in quello più distratto, un improvviso innalzamento del tasso glicemico e al contempo un ricorso frequente al locale del bagno, a causa di dissenteria acuta o conati di vomito.
E' l'unica patologia che colpisce il malato (nella fattispecie, la puntinista) e chi, pur non essendolo, gli gravita intorno, in qualità di lettore, di genere indifferenziato.

Non c'é cura.

sabato 10 marzo 2012

Pare facile.

Sei a letto, finalmente. Tue figlie, un'ora fa, hanno deciso di farti compagnia e si sono installate nel tuo letto, complice quell'innocua farfallina ignara di essere un pericolo mortale, pericolo che volteggiava intorno alla lampada della loro cameretta.
Sei a letto dunque. Ginevra che ogni tanto ti lancia una mano sulla faccia, mentre dorme, e si spalma addosso a te, che hai trovato una chiavetta usb per collegarti ad internet che pare funzioni.
Sei a letto, era ora. Hai i piedi che fumano, due giorni in cui non ti sei risparmiata. Certo, non è un granchè quello che fai, ma per le tue abitudini è già oltre. Imparerai a superarlo, quell'oltre.

Oggi è andata, ieri notte non eri riuscita a dormire, in ansia probabilmente. Comunque è una sorta di nuovo passaggio, andrà come andrà, il lancio è stato effettuato. Hai sempre quell'ansia, prima. L'ansia tipica di qualcosa che ti avventuri a fare, ma che non conosci ed allora metti in conto tutte le eventualità ed anche il fatto che comunque creerà qualche ripercussione nella tua vita di tutti i giorni.
Il piacere di rivedere una persona a te cara, delle risate su un libro e su certi gadget, poi donne, stanchezza e ora il letto.

Due mesi. Due. 
Un po' più di pressione sull'acceleratore dei tuoi impegni e vai. In ogni caso andrai.

E poi, comunque, il relax di un paio di giorni in Sardegna. Quello è certo.

Gotye - Somebody That I Used To Know (feat. Kimbra) - official video

Pensiero rubato.

Lontano dalle anime belle dagli stronzi, ci sono le persone ed i loro problemi.

martedì 6 marzo 2012

Felicità a piccole dosi

Quando sei giovane o quando, pur essendo più avanti con gli anni, il tuo cuore non risponde alla tua età, consideri la felicità quel momento in cui il cuore ti batte in petto così velocemente, e ti sembra che esploda all'improvviso.
La felicità è uno scoppio, istantaneo, momentaneo, temporaneo e poi la serenità: dovrebbe essere così, deve essere così. Pensi.
E per tutta la vita lo cerchi, quello scoppio, solo che a volte non è così percepibile, vorresti fosse visibile, un'esplosione di luce, suoni e colori. Te l'hanno sempre dipinta così, i romanzi, i libri, i film.
Non è sempre così percepibile, non sempre, anzi spesso è proprio silenziosa, la felicità. Ti entra dentro e lo capisci (se sei fortunata) quando sei "strana", oppure, più spesso, dopo. 
Dopo, ma dopo è tardi e allora subentra il rimpianto, se non sei in grado di rimboccarti le maniche e darti da fare per conseguirne una nuova. E quella serenità che ti hanno insegnato venire dopo è in realtà la rassegnazione.
Consumismo della felicità, questo ci hanno insegnato. Tutto ha un prezzo, tutto si esaurisce.
E poi, quando ti guardi allo specchio e vedi le rughe intorno agli occhi (che ti piacciono da matti), pensi che di quella felicità usa&getta non te ne fai di niente, che è altro a cui ambisci.
Preferisci le piccole dosi: tieni ferme le tue certezze, che altro non sono che i prodotti della tua creatività di donna, e con loro assapori i momenti dei sorrisi, delle risate, dei canti in coro in auto quando seguite la canzone che piace a loro e del fare pace quando mettono il broncio.
E il tuo lavoro, le tue piccole soddisfazioni, quel tuo modo di fare di accattivarti le persone con una battuta di spirito, una frase buttata là in maniera cosciente.
Gli amici, quelli che hai sempre avuto, che per anni hai un po' trascurato, ma che sono sempre là (perché tu ci sei sempre per loro) e quelli che negli ultimi anni hanno riempito la rubrica del tuo cellulare e quelli che non ci sono più, ma che conservi nel cuore per sempre perché si sono dimostrati Amici oltre il consueto.
E le passioni, quelle che anni fa mai avresti pensato di coltivare, l'impegno per te, per tue figlie e per gli altri.
Basta poco, anche un pranzo sulle Mura con la tua amica del cuore, rubando il tempo alla quotidianità, respirando aria pulita e chiacchierando di futilità e di senso della vita.
Questa è la mia felicità.
Non servono luci o colori, serve un sorriso.

lunedì 5 marzo 2012

Copio/incollo dal blog di Cecilia Carmassi perché al tema tengo molto


\\ Home Page : Articolo
quando vincono le donne non perde nessuno
Di cecilia (del 04/03/2012 @ 23:59:10, in cosa bolle in pentola, linkato 29 volte)

APPELLO
Quando vincono le donne non perde nessuno
Siamo donne lucchesi. Siamo donne preoccupate dallo stato di degrado e del rischio di fallimento del Paese, governato sostanzialmente da uomini, con una partecipazione delle donne troppo episodica ed esigua.
Oggi siamo qui a pagare i danni causati da governi diversi, che nei decenni non sono riusciti a dare adeguate risposte alle esigenze del Paese, che hanno prodotto un alto debito pubblico al quale non corrisponde nemmeno una adeguata offerta di servizi pubblici.
Oggi siamo qui a subire, più degli uomini, le pesanti manovre finanziarie che hanno colpito il welfare sui nostri territori ed hanno innalzato bruscamente la nostra età pensionabile, un insieme di misure che puniscono soprattutto noi donne e la coesione sociale e intragenerazionale di cui siamo protagoniste.
Noi donne, lavorando fuori e dentro casa, occupandoci di figli, anziani, malati, siamo di fatto l’unico welfare del Paese; sappiamo negoziare, praticare la tolleranza e la cura delle persone e delle cose; sperimentiamo sulla nostra pelle ogni giorno cosa non funziona nelle città. Conosciamo i sogni, i bisogni e i desideri di una comunità: lavorare, abitare, disporre di servizi sociali adeguati, avere una scuola migliore, riscoprire la solidarietà e il senso di responsabilità.
Desideriamo una “governance”, fatta di intelligenza, concretezza, intuito, creatività, affetti e “cura”. E’ la nostra voglia di costruire relazioni più serene e meno competitive, di costruire solidarietà e corresponsabilità, di basare il governo del territorio sulla condivisione e la cura verso le nuove generazioni . Noi donne, oggi più che mai, vogliamo riprenderci il nostro futuro, un futuro dove non ci sia spazio per la violenza maschile, nelle sue forme esplicite e mascherate, dove non ci sia più subalternità, dove anche il diritto alla felicità sia uno degli obiettivi della buona politica.
Per questo diciamo che è giunto il momento di dire basta; vogliamo produrre un cambiamento su base locale e nazionale e fare sentire chiara e forte la nostra voce. Siamo la maggioranza in questo Paese e nessuno può più permettersi di ignorare i nostri pensieri e rinunciare ai nostri contributi.
Vogliamo partire dalle Amministrazioni Comunali, poiché l’equilibrata rappresentanza dei sessi negli organi amministrativi garantisce l’acquisizione di un patrimonio umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità che solo la diversità di genere può assicurare.
Per questo vogliamo che la nuova Giunta sia composta, per metà, da donne, e che lo stesso principio venga tenuto in debito conto nella definizione dei Consigli di Amministrazione delle Aziende partecipate.
Nel dicembre 2008, la Commissione Pari Opportunità della provincia di Lucca ha chiesto agli Enti Locali l’adeguamento dello Statuto per l’introduzione del principio della parità (50% alle donne) nelle nomine di competenza. Crediamo sia giunto il tempo di dare continuità a quella iniziativa che prendeva atto di una anomala sotto rappresentazione delle donne in tutti gli organismi decisionali di questo territorio.
Inoltre desideriamo che a livello comunale sia presente una Commissione Pari Opportunità tra uomini e donne che sappia valorizzare il punto di vista delle donne impegnate nelle associazioni, nelle organizzazioni dei lavoratori e datoriali, nelle stesse forze politiche e contribuisca ad indirizzare correttamente il governo della città per il benessere di tutti.
Consapevoli che anche molti uomini condividono tali riflessioni, invitiamo uomini e donne a firmare questo appello col quale chiediamo che sia sancita, senza possibilità alcuna di equivoco, la rappresentanza paritaria delle donne. Questo stesso principio di equilibrata rappresentanza dovrà essere alla base della formazione delle liste elettorali per determinare un maggiore equilibrio nella composizione del Consiglio Comunale.
Chiediamo alle candidate e candidati, ai partiti politici e alle liste civiche di sottoscrivere questo impegno e di realizzarlo compiutamente.
Comitato SE NON ORA QUANDO di Lucca e provincia
per informazioni e adesioni contattaci qui:
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se vuoi darci una mano puoi scaricare qui l'appelloe farlo firmare
http://www.ceciliacarmassi.it