domenica 29 aprile 2012

Questo post avrei dovuto scriverlo tanti anni fa

Stefania. 

Stefania era mia cugina, una delle più piccole. 
Viveva in Sardegna, con i suoi numerosi fratelli e sorelle, e la sua sorella gemella, in una di quelle  belle famiglie numerose, che mi rimandavano sempre l'immagine di una felicità fatta di poco, in un luogo bello e aspro, per me che non vedevo il mare e la campagna se non per poco tempo all'anno. 

E loro, i miei cugini e i miei zii, non li vedevo spesso, nemmeno tutti gli anni, mi erano distanti, fisicamente ma anche per abitudini di vita. Io ero la cugina romana, loro i sardi del Sulcis. Ma il filo dell'affetto, pure se ci conoscevamo poco, c'era e, "dopo", si è forse rafforzato.

Dopo.

Dopo quella telefonata assurda, quella notizia, che senti anche al tg, che cerchi su internet, che leggi e che ti raccontano.

Un no, un no detto, che non viene accettato.

Una uscita coi cani, per far far loro una passeggiata, tra i campi, quei campi così comuni laggiù, quei campi che tu non sei abituata a vedere, nella città dove sei nata, e che ti sembrano irreali, addirittura pericolosi.

Un no detto, una passeggiata coi cani, una presenza che non sarebbe dovuta essere là. Una telefonata a sua sorella, la sua gemella. Una fuga, il nome urlato al telefono, una fucilata alle gambe, una fucilata successiva mortale, l'orrore di una morte ingiusta, mentre al telefono mia cugina, sua sorella, assisteva impotente. E tutta una famiglia, la nostra, nell'angoscia.
E il rammarico di non averla potuta conoscere come avrei dovuto.

Era il 2001.

Qualche giorno fa Vanessa. E tra di loro tantissime altre.

E' il 2012. Quante ancora?

lunedì 23 aprile 2012

Sembra un atto di citazione e forse lo è. Mi autocito.


Questa è una nota che ho scritto su Facebook.
Ma il contenuto vale ovviamente per ovunque. Prima di tutto nella vita reale.

RIEPILOGANDO 


PREMESSA:
Questa è la bacheca di una donna che fa parte del gruppo di 16 candidate in una lista di 32 per il Partito Democratico alle elezioni amministrative per il Comune di Lucca che si terranno il 6/7 maggio 2012.


FATTO:
Sono una persona comune che si presta a quest'avventura per il suo Partito, per il candidato sindaco Alessandro Tambellini, che ammiro per l'impegno politico, ma soprattutto per la persona che è e che conosco da quando sono a Lucca, uomo, padre ed insegnante, e come tale stimato da chiunque lo possa incontrare per strada, anche da chi politicamente ha sempre votato altrove.
In questi mesi ho fatto parte del Comitato Elettorale, occupandomi di un gruppo di lavoro insieme ad altre persone, ora amici, con i quali ho sognato di creare una Città migliore, più vicina alle persone. E da questo ho tratto il piacere di fare un tipo di politica che da fuori non si riesce ad immaginare, diversa da quella che si legge sui giornali o si vede in tv, diversa anche da quella che riempie le pagine delle cronache giudiziarie, per fortuna. E continuamente ricevo riscontri positivi ed apprezzamenti dai miei compagni di viaggio, e non può non farmi piacere.
Sono e resto una donna, una madre, una persona che lavora e che non pensa minimamente alla politica come fine, ma come mezzo per progettare una nuova Città
La Politica ha la "P" maiuscola. Le "p" minuscole le lascio agli altri. Soprattutto ai partiti che si trovano dall'altra parte politica.


DIRITTO:
Se arriverò ad essere eletta, la mia attività sarà quella che mi sono proposta quando mi sono iscritta al Partito Democratico. Contribuire a cambiare una città, rendendola più a misura di chi è debole.
Una città che sia a misura di bambino, innanzitutto.
Quando i bambini posseggono il luogo ove vivono, questo è adatto a tutti.
Una città a misura di donne, con orari e tempi della vita che non siano conformati solo sugli uomini. E non lasciate sole nell'attività di cura a chi in alcuni momenti della vita ha bisogno di assistenza. Le donne non devono essere "costrette" a lasciare il lavoro per assistere chi ha necessità.
Donne presenti nella stessa proporzione rispetto agli uomini anche nell'Amministrazione, a partire dalla Giunta passando per la creazione di una Commissione Comunale di Pari Opportunità, fino alla presenza nelle Aziende Partecipate. 
Donne capaci, come uomini capaci. 
Una città a misura di anziani. Nell'ultima parte della vita di una persona, questa ha necessità che non sempre la famiglia cui appartiene è in grado di assolvere, a partire dalle piccole cose. Anche negli spostamenti, con mezzi pubblici efficienti e con orari adeguati e frequenti.
Una città accessibile a tutti. Un Comune che sia accessibile anche da casa, senza dover necessariamente rivolgersi fisicamente agli Uffici, con un portale web dedicato. Basta un semplice click dal computer, spesso. E per questo mi attiverò per una wifi aperta ed accessibile, gratuita, non solo nel Centro Storico, ma possibilmente in tutto il territorio comunale.
Un Comune fattivamente partecipato dalla cittadinanza, attraverso gli strumenti che già sono previsti dal Regolamento di recente approvazione, ma ancora inattuati, e con l'uso del bilancio partecipativo e degli altri metodi di nuova concezione, penso ai world cafè o ai più impegnativi town meetings. Cittadinanza che finalmente potrà esprimersi nei temi che la riguardano, superando la logica del Comitato per singole questioni contingenti.
Questo e altro. 


CONCLUSIONI:
Questa bacheca non sarà utilizzata  sempre e solo ai fini elettorali per i pochi giorni di campagna elettorale che restano, ma l'impegno sottostante ci sarà. E  Daniela Grossi sarà sempre la stessa, quella che la maggior parte di voi conosceva prima del sì alla candidatura.

mercoledì 18 aprile 2012

La spilletta voodoo (perché è quello che ci farei, a chi ha inventato questa genialata)

E' l'istinto che mi fa scrivere, stasera.
L'istinto di femmina che non ci sta a certi luoghi comuni. 

E passi per la strumentalizzazione del corpo della donna, passi per modo di dire, ma se una ragazza decide di prostituirsi per un vecchio posso anche pensare che lo abbia fatto e lo faccia per scelta, condivisibile o meno. Certo, meno condivisibile il vecchio che sfrutta situazioni di bisogno o usi il suo potere per ottenere la ragazza.
Passino tante cose. 

Ma quello che non passa è che, mentre da un lato le donne fatichino per arrivare a fine mese e per farci arrivare la famiglia (quelle che ce l'hanno) un'azienda importante, La Rinascente, imponga alle sue lavoratrici che si rivolgono al pubblico, le commesse (nome che ci ricollega al rassicurante mondo degli anni Cinquanta), l'uso di una spilletta equivoca al solo scopo di procacciare nuovi "clienti" di una tessera fedeltà. 

Ah, fedeltà: bella parola. 
Fedeltà al consumo. 
Al prezzo di "Averla è facile. Chiedimi come". 
Averla che?

A parte lo slogan che richiama quello di una multinazionale di integratori (tra cui uno che sostituirebbe la famosa pillola blu - sono una venditrice pentita e so di che parlo) e qui, fossi nei suoi legali, attiverei subito una bella causa per tanti zeri, è proprio l'espressione ad essere squallida. 
Uno squallore che mal si addice all'immagine dell'azienda, che mai avrei creduto si potesse abbassare a tanto, e che si confà perfettamente ai tempi.
E poi, ovviamente, le commesse, che devono far sì che il cliente possa "averla", devono pure sottostare al "giorno delle coccole", con un'altra spilletta dall'acronimo usato dai bimbiminkia (sì, si chiamano così quelli che parlano in questo modo sulla Rete, ma forse il creativo non lo sa) "TVTB", con tacchi alti e minigonna. 

Mi piacerebbe sapere se nel futuro prevederanno anche le salette per apposite coccole, qualora non sia stato raggiunto il budget previsto per le tessere fedeltà.

Scusate se appaio femminista, ma prima di tutto sono femmina.

Angolazioni e prospettive, distorte e contorte (dipende)

Sono diversi mesi che la mia vita è cambiata.
Non in peggio, non in meglio. Cambiata e basta.

Altri impegni, altri pensieri, altre persone, volti e voci diversi, nuovi, piacevoli talora e spiacevoli talaltra, persone effimere nella tua esistenza e altre che forse rimarranno anche "dopo".
Impegni che sostituiscono altri meno urgenti e meno importanti, oppure che si affiancano e si sovrappongono alle usuali incombenze.

Non vivi per la politica, vivi per il lavoro, per la famiglia.

Sei una persona normale con interessi normali prestata a questo mondo speciale per qualche mese, forse qualche anno, non di più. Sei prestata agli altri, insomma.
Ti metti in gioco, sapendo che è un gioco a termine e non avresti partecipato, se fosse stato diversamente.
Ed è per questo che sei sempre un po' alla finestra, da osservatrice-giocatrice.

C'è chi ti vorrebbe coinvolgere di più e un po' lo fai, ma il passo indietro resta, è il filo che ti tiene legata al mondo reale, quello che vorresti cambiare, non perdendo il contatto con ciò che tutti i giorni ti circonda: il tuo mondo, il mondo di tutti, i tuoi affanni, gli affanni di chi vive la tua vita, che non è né speciale né unica.

E' la vita di chi affronta il mondo con mille peripezie, tra un lavoro (che hai dovuto scegliere part time obbligatoriamente, come molte altre donne), la famiglia e le briciole del resto.

Ed è forse per questo che appari strana a chi del tuo mondo non fa parte.


sabato 14 aprile 2012

Organizzati!


“Organizzati!”

Questa è la parola che noi, sin da bambine, ci sentiamo rivolgere con più frequenza.

Organizzati quando sei figlia e studi  e aiuti in casa, quando fai piccoli lavoretti per contribuire all’andamento familiare, come quando fai da baby sitter o dai ripetizioni.

Organizzati quando sei donna e ti sposi o convivi, e devi pensare al lavoro e alla casa.

Organizzati quando sei madre e devi seguire i tuoi figli nei compiti, nella crescita e poi devi portarli ovunque, tra la scuola e le varie attività, continuando ad organizzarti tra lavoro, marito e gestione della casa.

Organizzati di nuovo quando ritorni ad essere figlia e i tuoi genitori sono anziani e devi assisterli, continuando ad organizzarti con i figli, con il lavoro, il marito e con la casa.

Organizzati ancora se hai qualche malato o qualche disabile da accudire, e continui ad organizzarti come madre, come moglie, come donna e come figlia.

Siamo brave ad organizzarci, lo abbiamo sempre fatto. Siamo diventate esperte, noi.

Ci piacerebbe organizzare anche questa città, così poco organizzata per noi e per  tutti coloro per cui siamo organizzate.

giovedì 12 aprile 2012

Perché

Te lo chiedi e te lo chiedono. 
Perché.

Perché sei donna e pensi che finora le donne come te non sono state rappresentate, donne comuni, che lavorano, che hanno fatto sacrifici personali per arrivare a essere quelle che sono, che sono madri, che hanno figlie femmine  e vorrebbero un mondo, un Paese dove le donne di domani siano diverse da quelle di oggi, migliori, che conquistino lo spazio che finora è stato loro negato da una società virata al maschile. 
Le donne sono il motore di questo Paese, lo hanno cambiato quando hanno potuto, quando hanno voluto, quando hanno sentito il bisogno di farlo, perché chi era lassù, nei luoghi di potere, non ne era in grado.
Tu sei una persona normale, senza ambizioni particolari per te stessa, hai solo il desiderio di aderire ad un Progetto, far sentire la voce di chi non riesce a parlare, perché pensa di non essere in grado, non si sente "adeguata".

Adeguata.

Noi donne comuni non ci sentiamo mai "adeguate", sempre un passo indietro rispetto agli uomini: è l'educazione che da sempre ci è stata impartita. Studia, impara, poi però fai la moglie, la madre, lavora, mai avanti a lui, non si può, non si deve.

E invece no.
Non vogliamo stare indietro, nemmeno avanti. 
Pari.

(sempre che riusciate a tenerci il passo, però)

lunedì 9 aprile 2012

Natale con i tuoi Pasqua con chi puoi

Sì, lo so: non è così il detto, però è calzante.
Ho smesso di amare le Feste, tutte le feste e ho l'onere di santificarle per mantenere viva nella prole l'illusione di concordia, pace e felicità che dovrebbero portare, per non ridurle al mero scambio di doni (Natale ed Epifania) e uova di cioccolata (Pasqua).
Ti ritrovi in contesti di cui non te ne frega una beneamata e sorridi. Su, sorridi, fai la foto! Su, il brindisi tutti insieme. E tu eviti chi dovrebbe brindare con te in primis. Eviti e sei evitata.
Sorridi, tanto che ti fa male la faccia. Ti metti in un angolo, in disparte, non hai assolutamente voglia di scambiare nemmeno  lo sguardo con alcune persone, che negli anni si sono dimostrate quelle che sono.
Allora ti metti a giocare con le bambine, le tue e le altrui, quello sì ti fa sorridere.
Finisce la tortura, arrivi a casa, fai quello che non hai fatto fino a quel momento, perché avevi il copione da recitare, sei diventata un'ottima attrice nel frattempo, tuo malgrado, e aspetti che passi la giornata.
Dormi, ti risvegli e il tempo non è un granchè, mal di gola, mal di testa e aspetti che pure oggi scivoli via.
Domani c'è la vita.

domenica 8 aprile 2012

Post pensato ex post

Una porta. Due persone di spalle.
Una dentro, una fuori.
Quella dentro guarda attraverso un vetro della porta che le divide quella fuori.
Poi volta le spalle e resta dentro.
Un ultimo sguardo verso fuori, la persona di spalle fuori si allontana.
Resta solo quella dentro, di spalle alla porta.

venerdì 6 aprile 2012

Dal 1995 al 2012

Anzi, no: era il 1994. 
Avevo 24 anni, fingevo di studiare Giurisprudenza, pochi esami, mi era passata la voglia.
Quando salivo quelle scale della Sapienza, mi prendeva lo sconforto.
Poi un giorno mi viene chiesto di venire a vivere a Lucca, ci penso un attimo e dico di sì.
A febbraio del 1995 mi trasferisco armi e bagagli.
Una venticinquenne romana in una città d'arte toscana. Solo che pensavo di ritrovare le essenzialità a cui ero abituata a Roma: i mezzi pubblici, i negozi aperti all'ora di pranzo, il mercato che durasse anche dopo le 12, pizzerie e locali aperti fino a tardi. Invece, nulla di tutto questo: poche linee e mal collegate con la periferia; molte, troppe auto per una città così piccola; negozi che chiudevano (e molti tuttora chiudono) alle 12.30/13.00; un mercato (e parlo non di quello ortofrutticolo, che praticamente era inesistente) che all'ora di chiusura degli uffici (e quindi quando le persone possono essere un po'  più libere per gli acquisti) si smaterializzava; dopo cena non c'era più niente aperto, salvo qualche rara eccezione.
Insomma, tornavo ogni tanto a casa, a Roma e rifiatavo.
Le persone lucchesi, altro mistero: molta buona educazione, ma un certo distacco. Per molto tempo mi sono sentita estranea, "piovuta", come si suol dire qui. Curiosità verso Roma molta, verso le nostre abitudini ("pranzate sempre tardissimo, voi al Sud", che poi invece pranziamo verso le 13 e se è più tardi, è per motivi di lavoro, non certo per abitudine) ma anche un certo timore, come se fossimo marziani.
E vabbè, pensi, gli passerà.
Il rispetto te lo guadagni col lavoro e con la serietà.
Poi ti sposi (a Roma, in Campidoglio) e ti trasferisci da San Marco a S. Alessio, in Corte Pistelli, e ti allontani sempre più dal centro. 
E' il 1998. 
Sempre meno bus, sempre più orari assurdi per l'unica linea che collega quella zona con la città ("si può andare in centro alle 15 e rientrare alle 17? e se i negozi aprono alle 16.00/16.30 come faccio?") e a te non va assolutamente di guidare.
Odi guidare. La patente l'hai presa perché a 18 anni si prende, la patente: ti hanno regalato i soldi sufficienti per iscriverti a scuola guida e quei soldi vanno spesi in quello, nella patente. Solo che poi, una volta presa, tu a Roma non hai mai toccato un'auto, praticamente, l'unica volta che l'hai fatto hai lasciato una strisciata (della macchina di tuo padre) su tutta la fiancata di una BMW blu nuova di zecca parcheggiata in una via dei Parioli e da allora non hai più guidato.
2003: Camilla
2006: Ginevra
Le figlie, il tuo biglietto da visita per diventare accettabile, l'asilo prima e poi la scuola elementare, le frequentazioni tra genitori, riunioni e festicciole.
Per motivi legati alla salute di Ginevra, devi portarla tutti i giorni all'ospedale, per la fisioterapia e allora le scelte sono due: o conosci tutti i tassisti di Lucca (e li conoscerai per qualche mese, anzi un anno, più o meno) oppure ti decidi a salire su quella macchina che hai e che hai fatto seppellire dalla polvere, dopo aver ripreso qualche lezione, e la conduci tu dove vuoi. 
E così è. 
A Lucca devi necessariamente muoverti con l'auto per ogni dove, a meno che tu non abiti in centro, ma anche se abitassi in centro l'uso dell'auto sarebbe necessario ("ah, come rimpiango Roma, i suoi monumenti, i suoi musei, i suoi autobus, i tram, la metro..."), risalendo su quella macchina hai firmato la tua condanna a tassista di tue figlie fino alla loro maggiore età.
Nel frattempo anche la città era diventata meno chiusa, un po' più di vitalità, o forse sei tu che ti sei adattata, in fin dei conti sei diventata più "matura". 
Forse la maternità ti ha fatto apprezzare aspetti che prima non consideravi e la tranquillità di una città di provincia diventa stile di vita.
Qualità di vita, espressione che a Roma è sconosciuta, nel senso positivo. Nel Lazio addirittura Utopia.
E decidi che puoi fare qualcosa di buono. 
Le figlie crescono e tu puoi dedicarti a quello che ti è sempre piaciuto, anche quando eri all'Università a Roma, pur osservandolo come da un vetro.

(continua al prossimo post)




Ho 41 anni anche se me ne danno 42

Ho 41 anni, ho due figlie, sono sposata, sono nata a Roma, vivo a Lucca, lavoro part time a Pisa e ho accettato di candidarmi per il mio Partito, l'unico veramente Democratico, al Consiglio Comunale della mia città, Lucca, per elezioni amministrative del 6/7 maggio 2012.

Perchè?



Lo saprete al prossimo post.